50 anni di passione per il diritto
Risoluta assistenza in diritto penale
Studio legale operativo a Como, Lentate sul Seveso, Cermenate, Guanzate, Vertemate con Minoprio, Appiano Gentile, Inverigo, Cantù, Fino Mornasco, Lurago d'Erba, Bulgarograsso, Alzate Brianza, Villa Guardia, Olgiate Comasco, Montano Lucino, Montorfano
Rinnovo il mio profilo, con la certezza – la presunzione? – che non vi annoierò.
Sono Giuseppe Grassotti, un avvocato "diversamente giovane" con alle spalle oltre 50 anni di passione per il diritto ed esperienza professionale. Troppi? No. Ho la testa lucida e mi è rimasta, intatta, la grinta.
Non derogo dai miei principi di rigore e di correttezza e non sono un difensore per tutte le stagioni. Uso il dovuto riguardo ai clienti e alle controparti riservo non il fioretto, ma la sciabola.
Per mia scelta ho deciso, quando indossai la toga, di essere polivalente: tratto cause penali, civili (con un riferimento particolare al diritto di famiglia), controversie di lavoro e procedimenti amministrativi e sportivi.
Sono, altresì, giornalista, pubblicista e, per diletto, scrivo libri (non pallosi).
Quale scrittore per hobby, non ho vinto il premio Pulitzer, ma come avvocato sono annoverabile tra i più grossi della mia città: sfioro i 120 kg di peso!
Nel mio bunker, un ufficio dislocato in uno dei bei palazzi del centro urbano della fantastica città di Como, sono il primo tra i pari: con me fanno squadra mio figlio Marco e mio nipote Alessandro.
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Al servizio del cliente
Cortesia
Professionalità
Qualità
L'esperienza da avvocato penalista e civilista
Sono, per dirla tecnicamente, un avvocato eclettico, un “professionista libero” – che è qualcosa in più di “libero professionista” – penalista e civilista, che tratta con pari dignità chi si è lasciato coinvolgere da esperienze delittuose, chi deve mettere un punto fermo alla sua vita personale e, in pratica, tutti quelli che hanno sperato in qualche modo di ottenere giustizia.
Non sempre il mio contributo è risolutivo: la fortuna è femmina, difficile da afferrarsi. Io ci ho provato, e ci provo a ghermirla nell'interesse dei miei assistiti, non prescindendo nel perseguire gli obiettivi da metodo e razionalità. Non ho mai alimentato, né alimento, illusioni: concretezza e rapidità sono, a mio parere, gli elementi da privilegiarsi per non mortificare le attese del cliente. Ho sempre cercato di essere svelto e, in molti casi, ho privilegiato pragmatiche transazioni rispetto ad annose e sterili vittorie. Le mie prestazioni sono, per così dire, agonistiche, non muscolari!
Nel mio studio non cresce l’“erba voglio”, che può essere ricercata da chi la predilige – e sono tanti - in uno splendido paesino, Pian del Voglio, dislocato nell'appennino tosco-emiliano! Con i miei interlocutori preferisco parlare chiaro e forte, l’ho sempre fatto, responsabilmente, anche se, per questa mia peculiarità, qualche cliente ha preso altre strade. Buon per lui? Non so. Non mi interessa.
Io a chi fa il difficile mestiere di giudicare ho sempre riservato rispetto, disdegnando però inciuci ed eccessive familiarità. Avvocati e giudici sono – non unici – i principali protagonisti del teatrino della giustizia, nel quale dovrebbero evitarsi le ricorrenti baruffe. A mio avviso, il rapporto magistrato-difensore deve essere paritetico, pur nella sostanziale differenza dei ruoli.
Nell’ideale scontro che auspicabilmente dovrebbe tradursi in una opportuna sintesi, ho preferito nella mia carriera usare la sciabola, a discapito del fioretto, senza (quasi) mai tirar a vuoto.
Ho contrastato tesi che non mi parevano munite del crisma del dogma, ho impugnato sentenze con penna rispettosa della grammatica e della sintassi. È una prerogativa alla quale non rinuncio, anche perché non so strimpellare con il computer e le comparse le scrivo ancora a mano!
La giustizia e i suoi tempi tecnici
La decisione sul licenziamento o su una pretesa dei lavoratori avanzata nei confronti di datori di lavoro insolventi si ha mediamente entro un anno o giù di lì. Gli appelli? Nelle Corti d’Appello che giudicano il secondo grado i tempi tecnici sono ‘biblici’. E ciò vale anche per i procedimenti in Cassazione che si celebrano davanti alla Suprema Corte nella capitale, dove il Palazzaccio fa bella mostra di sé.
E per quanto riguarda le vicende penali in cui si discute tra l’altro di libertà, incolumità e di illeciti fatti violenti (le cronache ne sono piene), se a una sentenza definitiva non si perviene in anni luce, si deve ringraziare la dea fortuna o, per chi crede, la provvidenza.
Il mio non è catastrofismo. Le argomentazioni sopra esposte – ovviamente suscettibili di eccezioni – sono attuali e agevolmente riscontrabili. Il discorso sull'opinabilità di sentenze sarebbe lungo, forse lo riprenderò.
È però certo che i giudizi dei Magistrati sono troppo spesso difformi e in contrasto con il senso comune. E che i Giudici nel fare il proprio mestiere non devono conformarsi agli umori dell’opinione pubblica è pacifico, ma è altrettanto evidente che una maggiore tempestività e omogeneità delle decisioni si imporrebbero. E ciò, per evitare gravi sofferenze e attese devastanti.
Tra le molte cause di tale dissenso, la principale è da ravvisarsi nell’inidoneità dell’apparato normativo (si parla di riforme: ma quando e quali?) e la carenza di strutture essenziali (magistrati e personale). Ciò è scontato e, se mi si passate l’espressione, ci si può riferire ai proverbi che recitano: "senza denaro non si canta messa" e "le nozze ed i fichi secchi non vanno d’accordo".
Fuori da citazioni proverbiali, un fatto è certo: la legge non è uguale per tutti. E per avere giustizia bisogna avere pazienza (non troppa!).